Questa mattina ce la siamo presi comoda, la lista dei luoghi da visitare è breve: vulcano Arenal, solo quello, ma ci sono diverse escursioni organizzate o libere che si possono fare e ci fermeremo per due notti; il viaggio di trasferimento sarà lungo e mancherà il tempo, una volta a destinazione, per organizzare qualcosa per oggi.
Il sole ci accompagna ma non siamo ottimisti: mano a mano che procediamo verso nord, l’orizzonte si carica sempre più di stratificazioni scure che avanzano e non lasciano presagire nulla di buono. A San Ramon, dove inizia il tratto di montagna vero e proprio, è ormai una coltre uniforme, la brezza del mattino è cessata e la cappa incombe. Brutto presagio, ma non importa il programma di oggi non ne risentirà.
Le piantagioni di caffè si distendono su entrambi i lati della strada, peccato che non sia periodo di raccolto. Ora la pioggia e la nebbia si sono alleate: tutto si ovatta e si fa – se fosse mai possibile – ancora più silenzioso. Sembra proprio di essere a casa, in una tipica e uggiosa giornata autunnale della pianura padana; l’unica cosa che ti tiene attaccato alla realtà costaricana è la temperatura: il sensore del fuoristrada indica 27°C.! “Non è possibile”, penso, “sarà stato montato troppo vicino al motore…” Sosta di curiosità, ma la temperatura sembra proprio quella indicata, una situazione per noi irreale!
La nebbia si è diradata e in lontananza si distingue la massa imponente del vulcano Arenal: anche senza averlo mai visto non ci si può sbagliare osservando la perfetta conicità del rilievo che svetta fino a quasi 2.800 metri.
Peccato che stia quasi diluviando, dovremmo essere a poco più di un’ora dalla meta e la luce comincia a perdere intensità prematuramente. Procediamo con cautela, la strada è insidiosa per la pioggia e le numerose pozzanghere d’acqua che hanno colmato le molteplici e pericolose buche.
Abbiamo da poco oltrepassato Chachagua, quattro case e una scuola, quando un rumore sordo comincia ad accompagnarci. Un ramo impigliato? Il fondo stradale? Una sosta sotto la pioggia ci permette di constatare l’azione di queste buche: una gomma posteriore è completamente a terra con un taglio di alcuni cm. su un fianco, in pratica stavamo marciando sul cerchione! In un viaggio fai da te, questo è il peggiore degli imprevisti che possa capitare: diluviava, nessuna traccia di civiltà attorno, il vano bagagli stracolmo e il cric – probabilmente – era là sotto!!
Che fare? Di cambiarla sotto il temporale non se ne parla nemmeno, aspettiamo che spiova con il crepuscolo ormai vicino? Andare avanti era un’incognita, un'occhiata alla cartina stradale e capiamo che tornare indietro è l’unica soluzione.
E’ stata in questa occasione (anche se ne avremmo fatto volentieri a meno) che abbiamo toccato con mano la grande disponibilità dei ticos. Dopo un tratto (forse breve, ma la tensione non consentiva di misurare la distanza) percorso lentamente, la sagoma di una finca poco distante dalla strada; entriamo lentamente nello spiazzo antistante sotto lo sguardo incuriosito (o forse dovrei dire divertito?) dei due che, comodamente rilassati, su sedie a dondolo osservano l’auto e la ruota.
L’intenzione era di cercare riparo, svuotare il fuoristrada alla ricerca dei ferri per procedere alla sostituzione: non sarà facile spiegarlo, penso. Dopo un fitto scambio di parole, il più giovane dei due si alzò per scomparire dietro casa e tornare poco dopo con….. un cric e alcune chiavi . Senza dire altro, entrambi si diressero al veicolo (e intanto continuava a piovere), quattro movimenti esperti e…. caspita, mi stanno cambiando la gomma! Grande lezione di solidarietà.
Dopo un doveroso ma concreto ringraziamento (era il minimo che si dovesse fare), torniamo in sella alla strada con il pensiero fisso di sostituire appena possibile la gomma tagliata completamente inutilizzabile, meglio non fidarsi restandone sprovvisti. Cosa che avviene a
La Fortuna (quando si dice il destino dei nomi…).
Riprendiamo il cammino più leggeri sia nell’animo sia nel portafoglio (sic!) per arrivare a sera ormai inoltrata a destinazione (dopo aver percorso gli ultimi 10 km. su uno sterrato stile Camel Trophy), all’Arenal Observatory Lodge, sulle prime pendici del vulcano. Solo il tempo di registrarsi ed è ora di cena.
Il vulcano Arenal è tuttora attivo, anche se l’ultimo vero disastro lo causò nel 1968 quando persero la vita 87 persone; l’Arenal Observatory Lodge, in origine venne costruito per l’osservazione dei fenomeni da parte degli studiosi di vulcanologia. Sapendo quanto fosse richiesto, pur non essendo economico soggiornarvi, avevamo provveduto a prenotare dall’Italia le due notti che vi avremmo trascorso: è una struttura che conserva interamente il fascino originario ed offre una sistemazione sicuramente di alto livello non solo per lo standard costaricano. Ma il vero motivo per cui è ricercato, sono le camere, in particolare le Smithsonian: una intera, immensa, parete a vetrata vi offre una panoramica sul vulcano sicuramente imperdibile di giorno ma anche di notte, quando si possono scorgere i bagliori della lava ribollente all’interno del cono e sentire i brontolii del vulcano. Scenario da vedere e sentire per rendersene conto!
La mattina successiva è trascorsa interamente all’interno della foresta secondaria e sulle pendici del vulcano con la guida del lodge; non ci sono stati avvistamenti particolari salvo alcune oziose scimmie, comunque è servito per imparare la vita di questa flora e per ammirare il non lontano lago Arenal. Ci sono tante cose da vedere alle pendici del vulcano ma il programma di escursioni salta causa pioggia torrenziale. Quindi il tempo viene occupato ad aggiornare il diario di viaggio e in relax totale, giocando a carte in famiglia mentre lo spettacolo del vulcano sotto il diluvio e con il pennacchio fumante ci distrae attraverso l’enorme vetrata della camera.
Il secondo giorno va meglio e consente di fare una parte di quanto si era programmato: solo una parte perchè c'è altro da fare, Monteverde ci aspetta.